Raffaele aveva guardato al futuro con grandi speranze. Nonostante tutto.
Quando gli avevano detto che la sua malattia era incurabile, si era detto che non si sarebbe mai arreso e che avrebbe combattuto. Aveva letto di tutto e fatto mille domande ai medici che lo avevano avuto in cura. Il suo male non prevedeva guarigione ma nessuno poteva dubitare che la scienza avrebbe trovato la terapia efficace, prima o poi. Ma il tempo correva veloce, anzi sembrava che mesi e anni avessero una gran fretta di passare. Accidenti al tempo!
I suoi genitori le avevano provate tutte, vendendo anche l’oro di famiglia, giungendo a indebitarsi per assicurarsi i migliori medici, anche all’estero. Ma non era bastato. Raffaele non sarebbe arrivato a vent’anni. La condanna a morte era stata decretata da un professore americano, un po’ scorbutico, ma molto umano e competente.
Eppure Raffaele proprio non se la sentiva di mollare tutto e di lasciarsi morire. Tutti i giorni apriva la finestra e guardava il mondo che scorreva veloce, lì per strada. Dal terzo piano dello stabile in centro, da quello che una volta era stato il loro appartamento e che ora era di proprietà di un cinese che – contro ogni previsione – aveva concesso alla famiglia di rimanere in affitto, guardava tutta quella gente che si muoveva in fretta, che s’incontrava, che si salutava, che attraversava la strada… guardava le loro gambe e ogni giorno rinnovava il suo proposito: le sue sarebbero state uguali. Tozze o slanciate, affaticate o guizzanti… non aveva importanza: le sue un giorno sarebbero state come quelle.
Anche se gli avevano detto che da un momento all’altro poteva diventare un vegetale.
Un vegetale. Che cosa poteva significare, diventare un vegetale? A volte guardava gli altissimi alberi che adornavano la piazza sottostante e si chiedeva che senso avrebbe avuto diventare come loro. Una pianta pensa? Una pianta ascolta? Una pianta sorride? Una pianta piange? Una pianta ama?
Lui, di certo, era capace di amare. Amava infatti quell’angelo biondo che ogni giorno, sole o pioggia, caldo o freddo, alle quindici in punto attraversava la piazza. Con passo veloce e aria trasognata… forse un po’ triste. Difficile giudicare da quella distanza. Qualche volta Raffaele aveva abbozzato un saluto, nella speranza che l’angelo lo cogliesse. Ma quella teneva sempre il capo chino. Chissà – aveva pensato Raffaele – forse l’angelo biondo aveva un amore lontano o una segreta preoccupazione… forse non era abbastanza amata.
Lui sì che avrebbe saputo amarla! Lui sì che avrebbe saputo farla felice! Se solo la sua spina dorsale non avesse continuato a marcire! Ma al disfacimento di carne e ossa si opponeva un cuore che sapeva esprimere un amore puro, grande, infinito. Un amore di cui Raffaele sapeva tutto. Perché più dei libri, dei romanzi, dei blog, era stato Gino, l’infermiere che ogni giorno veniva a somministrargli la terapia, a raccontarglielo con voce sempre rotta dall’emozione. A guardarlo, nessuno avrebbe scommesso sul cuore tenero di Gino, un omone di origini calabresi che però tradiva la tristezza e la bontà d’animo di chi, per guadagnarsi da vivere, un giorno aveva dovuto abbandonare la propria terra e i propri affetti. Gino gli voleva bene, lo trattava come un figlio e gli insegnava a sognare, a non perdere le speranze. Infatti, gli aveva spiegato come era bello perdersi nel profumo dei capelli di una donna… impazzire di gioia per due occhi che ti guardano colmi di amore… perdersi nella passione di un abbraccio, di un bacio, di carezze sempre più audaci… Grazie a Gino, Raffaele sapeva… e si sentiva in grado di raccontarlo a quell’angelo biondo che ora stava attraversando la piazza. Ma l’angelo biondo teneva, come ogni giorno, il capo chino.
Una notte d’inizio primavera Raffaele sentì un fuoco che saliva dai lombi e che cominciava a sferzarlo ovunque, provocando dolori atroci e insopportabili. Sapeva che quando sarebbe successo, sarebbe stato l’inizio della fine. Raggiunse il comodino con la mano e accese la luce. Le tre di notte. Avrebbe dovuto chiamare subito sua madre o suo padre e farsi somministrare la morfina. Questo gli avevano detto di fare quando sarebbe accaduto. Ma significava anche perdere la lucidità. E significava forse non arrivare alle quindici, a veder passare ancora una volta il suo amore disperato, il suo angelo biondo.
Resistette. Le cinque. Sembrava che un trapano fosse entrato dentro il torace e continuasse a scavarlo senza pietà… Alle sei sua madre sarebbe venuta a guardarlo, a controllare che dormisse, per poi svegliarlo alle sette per la colazione e per le pillole. Quelle maledette pillole che non servivano a nulla.
La mamma venne… e Raffaele decise di non spaventarla. Strinse i denti per sopportare il dolore e finse di dormire. Come ogni mattina, la dolcissima donna gli accarezzò i capelli e rimboccò le coperte, soffermandosi a guardarlo per qualche istante. Ogni volta Raffaele, sveglio o addormentato che fosse, percepiva quello sguardo colmo d’amore ma anche di tanta, tantissima, sofferenza di cui si rimproverava di essere la causa.
Alle sette non fu più possibile dissimulare. Mamma e papà si accorsero che le condizioni di Raffaele stavano precipitando. Seguirono ore febbrili, fatte di singhiozzi, di toni di voce sommessi e traboccanti di dolore, di frasi sussurrate, di parole incomprensibili, di telefonate concitate a medici che erano in sala operatoria o sarebbero tornati solo nel pomeriggio. L’unico a correre fu Gino. Arrivò appena poté, trafelato, sudato, agitato… E si prese cura di Raffaele, non riuscendo a nascondere la preoccupazione, nemmeno con gli ampi sorrisi che si sforzava di mostrare quando il ragazzo lo fissava.
Raffaele stava per diventare un vegetale. Ormai lo sapevano tutti in quella casa. E lo sapeva anche lo stesso Raffaele che rifiutò la morfina e chiese a Gino un ultimo, grande, favore.
Poco prima delle quindici Gino lo prese in braccio. Non fece fatica, tanto era diventato leggero, nel portarlo alla finestra che mamma aveva aperto. Lo sporse quel tanto che bastava per fargli guardare la strada. Puntuale, come ogni giorno, apparve l’angelo biondo. Il solito passo frettoloso di quelle bellissime gambe affusolate. Raffaele oggi non avrebbe potuto abbozzare il saluto. Le braccia ormai non le sentiva più. Ma sorrise… quello sì, poteva ancora farlo.
Come per miracolo, l’angelo biondo si fermò un istante e alzò per la prima volta la testa. Il viso di donna più bello che Raffaele avesse mai visto, sembrò illuminare tutta la scena di nuova e più splendente luce.
Forse l’angelo biondo aveva scorto Raffaele e forse stava ricambiando il sorriso. Forse…
Ma un attimo dopo, la testa dell’angelo biondo tornò a chinarsi… e le sue gambe ripresero ad andare veloci. Una folata di vento caldo, scompigliò i capelli e riscaldò le guance del ragazzo che ancora sorrideva.
“Mamma… quanto silenzio c’è nel vento…” – sussurrò Raffaele, chiudendo gli occhi.
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In memoria degli amati Dario Redaelli ed Emilia Villavecchia, Sua Dolcissima Madre.
In onore dell’infinito e incondizionato Amore Materno.
Dedicato, con immensa deferenza, a coloro che soffrono e a quelli che si prodigano per alleviare le loro sofferenze.
In memoria e onore dell’attore Christopher Reeve che prima della sua fine, avvenuta nel 2004, fondò con la moglie Dana il “Christopher and Dana Reeve Paralysis Resource Center”, un ospedale nel New Jersey, in cui viene insegnato ai paraplegici a vivere in maniera il più indipendente possibile, compatibilmente con le proprie condizioni.
So lovely and so well expressed… That Love can triumph when suffering seems so strong… But never too strong for Love…. Thank you for sharing this gift with me….
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Thank you from the bottom of my heart because the tale is partially true and happened to a woman, my mother’s relative.
She was a beautiful, sweet, deeply Catholic, professor of math at university. Her second son, Dario, was born with Fryns macrocephaly syndrome and died at 18. More likely due to the shock, in three more years she had an early Alzheimer and died too, leaving a husband and a daughter.
She was an Angel and loved any person she met in her life.
That’s why sometimes I wonder if there is the will of fate or, on the opposite, a predefined choice of people that have to bring the crosses.
I hope not to have hurt your sensitiveness.
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Buongiorno, è un bel racconto, molto vero, preceduto da un altrettanto bellissimo titolo, quasi da Best Seller, che apre infinite aspettative. Alla fine della lettura le aspettative non vengono deluse…
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Grazie Lorenzo. Sono contento che il racconto ti sia piaciuto. In fondo è stato ispirato da una storia vera. Forse per questo è ancora più vero. Ti ringrazio moltissimo per la visita e per il commento. Buona domenica. Piero
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Tristissimo e bellissimo.
Scrivi in modo magnifico. Arrivi “dentro”. Emozioni.
Grazie.
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Ciao Lucia. Grazie per la graditissima visita e per il commento… Le emozioni… ci provo a trasmetterle, ma sono gli amici come te a darmene più di quante ne meriti. Dimmi che stai bene. Ciao, Piero
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Commovente, ma al tempo stesso testimonianza di forza ed amore incondizionato
Bello!
Ciao
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Grazie infinite Laura. Mi auguro che siano sempre meno le persone che soffrono e sempre più quelli che, eventualmente, possano aiutarle. Grazie per la tua visita e il tuo commento. Ciao, Piero
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Vero tutto, ma intanto in nome di valori, rispetto della sofferenza e dei suoi insegnamenti…si muore un po’ dentro….lentamente.
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Quando capiremo che siamo piccoli piccoli ma che possiamo fare grandi cose con poco, forse qualcosa migliorerà… in noi ma anche negli altri… PS altro racconto in cantiere. Ciao!
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Nel profondo.La storia di tante persone ammalate ,che riescono a superare la propria condizione con la forza dell’amore…E lui un grande attore e veramente una grande persona. .
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C’è davvero tanto bisogno di amare soprattutto chi soffre e di dare loro le stesse possibilità che hanno tutti gli altri. Grazie infinite per i tuoi delicati commenti. Ciao, Piero
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Un racconto che riesce a toccare
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Ciao, ti ringrazio. Se solo non esistessero tali sofferenze…
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Piero, il tuo post è molto toccante. Bisognerebbe ricominciare a parlare in seno alla famiglia, come si faceva 40 anni fa, della sofferenza, della malattia e della morte, come parti della vita. Invece, si tende a tacere certi temi e le emozioni che scaturiscono da essi. Pina.
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Ciao Pina. Sono assolutamente d’accordo. Si tende a nascondere tutto quasi come se una malattia fosse un segno di debolezza, di fragilità, invece di affrontare con la forza dell’amore e dell’unione familiare. Grazie, Pina. Un abbraccio. Piero
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certo e si è impreparati e più fragili di fronte alle prove della vita. Ricambio l’abbraccio. Pina.
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Assolutamente corretto. Ciao, Piero
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La sofferenza propria e degli altri non reca mai piacere ma genera un mondo d’ immensa tristezza. Raffaele nel suo universo di dolore amava la vita e l’amore
Grazie, davvero
Un abbraccio
Mistral
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Per questo forse dobbiamo imparare ad amarci di più, perché chi non può avere nulla, si accontenterebbe di molto meno di quello che riusciamo a fare. Grazie a te del dolcissimo commento. Un abbraccio, Piero
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Vecchio mio stavolta mi hai strappato più di una lacrima…il tema della sofferenza è qualcosa che tocca corde molto sensibili…se il protagonista è poi un ragazzo di neanche vent’anni allora è davvero difficile restare insensibili. Ho riflettuto anche su come tanta sofferenza rende più saggi e maturi. Raffaele affronta un destino terribile con speranza e voglia di lottare comunque ed il messaggio che invii è comunque quello di una grande speranza per tutti. Ottima, Pierì…
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Grazie Gigi. Purtroppo è una sofferenza che ho visto da vicino negli occhi e nelle anime di familiari cui tenevo molto. Ricordare il loro dramma esaltando quell’enorme e meravigliosa capacità di amare e di amarsi tra di loro che avevano, è stato il minimo che potessi fare. A suo tempo, nulla servì ad alleviare le loro sofferenze. Speriamo che di storie così ce ne siano sempre meno, anzi nessuna. Un abbraccio Amico Mio. Ciao Piero
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…la pelle d’oca non mi lascia, anche se aspetto un po’, non mi passa… meraviglioso e avvincente in un modo tutto suo… Complimenti vivissimi ^_^
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Già considero un privilegio la tua visita ma ti ringrazio di cuore del lusinghiero e gentile giudizio. Grazie infinite, Sara. Ciao, Piero
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Privilegio? Ma grazie Sei gentile, ma lo penso veramente… mi hai emozionato enormemente ^_^
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Ribadisco, privilegio perché scrivi meravigliosamente bene ed al tuo confronto mi sento piccolo piccolo. 🙂 Grazie ancora. 🙂
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Grazie, mi commuovi :** … ma anche tu scrivi benissimo ^_^
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Grazie a te… davvero sono lusingato. :*
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Commozione a palate! Davvero toccante…ciao Piero 🙂
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Ti ringrazio moltissimo… Un abbraccio… Piero
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Mi sono commossa profondamente, perché racconti una ‘dimensione di vita’ simile a quella che sfioro da vicino: ‘accompagno’ da un paio d’anni il sogno di un ragazzo che, da molto tempo, affronta con coraggio e dignità la sindrome di Duchenne. Mi ha chiesto aiuto per scrivere un libro fantasy: è cominciata così un’esperienza di volontariato bellissima, da cui ricevo tanto di più del poco che riesco a dare. E ho conosciuto, parallelamente, l’amore che sa dare, in queste situazioni, una madre insieme al suo contesto familiare.
Ti ringrazio per aver dato spazio a una storia così umana.
zena
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Ciao Zena. Ti ringrazio per il tuo preziosissimo contributo. Ti ammiro molto e ammiro tutti quelli che come te dedicano parte della propria vita a chi soffre. Vorrei rivolgere qualche domanda ai “piani alti della ditta”, per chiedere per quale motivo ci sia tanta sofferenza e perché tra i destinatari di tali sofferenze ci siano bambini e giovani, che in fondo non possono essere ancora colpevoli di nulla. Ma “i piani alti” dicono che bisogna aver fede. Non saprei. Io credo che la fede sia manifestata per mezzo dei volontari come te, che danno possibilità, tangibili e concrete, che un sorriso possa tornare nella vita di chi soffre. Grazie davvero. Sono commosso io dalla tua generosità. A presto. Piero
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quello che riesco a fare è una piccola cosa, ma cerco di vivere a porte aperte, dentro le ristrettissime (laiche) schegge del possibile :))
un saluto grande.
z
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Secondo me ciò che fai è grande. Ti ammiro. Un abbraccio. Piero
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Ciao Piero, sai quanto sono sensibile su questi argomenti, condivido in pieno di mettere in piazza il male e non di nasconderlo o rimuoverlo il più presto possibile, come fanno i mezzi di dis-informazione di massa. Il male o il dolore va invece rielaborato, condiviso e affrontato. Allora si crea un accrescimento e una solidarietà nella coscienza collettiva, allora si ragiona sulle origini del male e perché non si investe per combattere le malattie o il male in tutte le fattispecie in questo mondo tremendante ingiusto. Ecco vedi su di me, quel dolce ragazzo che non è più con noi e a cui va tutto il mio affetto e amore, quante riflessioni ha fatto fare?
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Ciao Giusy! Condivido la necessità di non nascondere certe situazioni di disagio, dolore o malattia. Credo come te che quella sia la strada giusta per far (ri)nascere la solidarietà. La storia di quel ragazzo è la storia di tanti ragazzi e di tante persone che sono spesso abbandonate o in balia delle istituzioni, dove regna solo il più bieco senso della burocrazia che porta, fatalmente, all’ingiustizia. Grazie per i tuoi profondi spunti. Un abbraccio, Piero
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Buongiorno! Si, oramai il detto”i panni sporchi si lavano in casa”, non regge più. La televisione rimuove velocemente il dolore, proprio perché non dobbiamo porci domande…chi si ricorda più le stragi fatte dall’Isis? E il mafioso che ha ucciso 100 persone? Beh, però va alla messa, bisogna perdonarlo…e quanti Raffaeli devono morire, perché s’investono denari più nelle armi, anziché in ricerca farmaceutica? E poi diciamola tutta, i malati hanno una loro utilità, se guarissero in troppi, dov’è il guadagno? Ciao Piero, a presto Giusy
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Hai ragione! L’informazione è manipolata e addomesticata in modo che risponda a obiettivi e logiche delle multinazionali e delle banche. Riguardo la ricerca farmaceutica… è affidata ai privati e tanto basta… perché i privati ovviamente non fanno opere di beneficenza. Un abbraccio. A presto. Piero
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Bellissimo! L’ho letto con il cuore……
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Grazie Mirna. È un onore ricevere un tuo complimento. Ciao, Piero
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Grazie, troppo gentile…..Buona serata Piero
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Buona serata a te. 🙂
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Un episodio che riporta una realtà che spesso dimentichiamo, mi fa rivivere momenti molto duri ma altrettanto intensi di ” Gino ” ce ne sono e sono delle persone fantastiche .
Un grazie per la tua grande sensibilità..
Un caro saluto Franca.
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Carissima Franca… È sempre una grande emozione ricevere una tua visita e sapere che un mio scritto ti è piaciuto. Grazie a te. Un caro saluto. Piero
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Grazie di cuore Piero per me è un grade piacere leggerti , ti auguro una dolce sera.
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Buona serata a te, Franca.
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Molto commovente Piero. Diamo quasi sempre per scontato il nostro essere sani, con tutto ciò che questa condizione ci permette di fare. Aiutare chi ci sta vicino, oltre ad alleviare almeno in parte le difficoltà dell’altro, è molto più spesso per noi, fonte di grandi insegnamenti. E un grazie di cuore da parte della persona che hai aiutato ripaga più di qualsiasi altra cosa. Un abbraccio Piero. Buona serata
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Grazie mia Cara. Condivido ogni parola. Un abbraccio… Piero
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Onore anche a te che hai scritto un post dolcissimo, molto tenero e commovente.. Tutte le persone che non si tirano indietro , che si danno per aiutare chi soffre, hanno un’anima nobile caro Piero. Grazie per la tua sensibilità. Isabella
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Grazie Isabella. Che ci siano sempre più persone disposte ad aiutare quelle meno fortunate. Un abbraccio, Piero
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Speriamolo mio caro. Ciao.
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Ti abbraccio, Isabella.
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Sì, avrebbe saputo amare come altri non sanno fare… Molto triste! Molto bello Piero! Un bacio
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Grazie, ricambio. Piero
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Sei grande Piero!
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Grazie infinite. E tu troppo buona…
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Non è così. Non è per bontà…
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Allora i ringraziamenti sono doppi! Un abbraccio. Piero
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Anche a te! 🙂
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😉
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sereno pomeriggio x te
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Grazie altrettanto, Maria. Ciao.
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