L’appuntamento.

Aspettava davanti al bar ormai da venti minuti. Quel bar dove lo aveva conosciuto per caso, in una fredda mattina d’inverno. Proprio quello, dove puntualmente era ritornata con lui un volta al mese – da quando la loro storia aveva avuto inizio -, non per abitudine ma per un patto mai dichiarato, che consisteva nella ripetizione indefinita della magia del primo incontro.
Quella sera invece aveva preso la piega di una sera senza magie, almeno fino a quel momento: la disarmonia assordante dei rumori – tra il clangore dei tram e il tamburello dei pneumatici delle auto sui sanpietrini -, e il peso di un’insopportabile afa che non ammetteva pause, producevano l’effetto di spezzettare i pensieri in tessere infinitesimali di un rompicapo che nessun genio terreno avrebbe mai saputo ricomporre.
Doveva ammettere che stava lì ad aspettare senza sapere se quel “sì” che lui aveva pronunciato al telefono, dopo due anni di assoluto silenzio, fosse stato frutto dell’istinto o di qualche tipo di razionalità. Il tempo non aveva consumato il dolore che ancora la trafiggeva, con la spietata cura del boia, e si compiaceva di  mostrare impietosamente tutte le scene del loro amore.
Fu proprio l’anima lacerata e traboccante di ricordi, infatti, a indurla a sperare e ad aspettare. Ancora. E ancora. Ma fu solo dopo aver mandato a quel paese il secondo passante che si era fermato ad importunarla che finalmente comprese: l’appuntamento  non era stato ottenuto per la sua stessa nostalgia. Sembrava piuttosto uno sberleffo frutto di un gioco crudele, da parte di un uomo che aveva smesso di amarla nello stesso momento in cui aveva smesso di amare se stesso.
Ora il tubino nero corto che aveva indossato, che in altri tempi faceva girare la testa a lui, non fasciava più il suo corpo slanciato e sinuoso, ma diventava sempre più il sudario in cui erano state deposte le spoglie mortali di quell’amore che era sembrato non aver fine.
E invece l’aveva avuta. Ed era ormai ora di arrendersi.
Al prossimo passante che l’avesse abbordata, avrebbe sferrato un ceffone.
Oppure gli avrebbe risposto un sì disperato.

19 risposte a "L’appuntamento."

    1. Grazie Mistral,
      la resa non è sempre onorevole.
      Ma combattere per farsi male fino al parossismo è la distruzione della propria ingenuità, della propria genuinità, della purezza dei sentimenti.
      Un bacio a te.
      Piero

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  1. Con il rapporto sessuale si regalano le proprie emozioni. E lo si fa spinti dall’amore, dalla felicità o dall’eccitazione pura e semplice. Darsi per disperazione ad uno sconosciuto sta ad indicare che l’amore tanto pianto non è mai esistito, tanto vale farsi pagare anche! L’idea che si possa consolare una donna che sta soffrendo offrendole un amplesso è un’idea da romanzo…

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    1. Ciao! Non è detto che il “sì” fosse per un rapporto sessuale occasionale. Forse poteva essere per accettare una nuova amicizia e, forse, una nuova storia. Per il resto… farsi pagare non era nelle corde del personaggio: ragazza che era rimasta delusa di un rapporto in cui, probabilmente, aveva dato tutto. L’amplesso, onestamente, io non l’avevo contemplato. Grazie infinite per la tua visita e il tuo commento. Ciao, Piero

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      1. E’ da sprovvedute accettare una nuova amicizia così… E anche una nuova storia non può cominciare con questi presupposti e a così breve termine. In caso contrario l’amore potrebbe essere inteso come un passatempo e nulla di più. Ma sicuramente hai ragione tu, c’è chi vive di questi passatempi. Non essendo nel mio DNA non l’ho compreso. E ancora una volta ti devo solo ringraziare per aver sottolineato un aspetto non considerato…

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  2. Spero che decida per il ceffone 🙂 Mette malinconia pensare che una donna dica un “si”, per rifarsi di un rifiuto, una delusione, o per smettere di pensare. Sa di resa.

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    1. La solitudine e il dolore per l’abbandono, possono far fare cose straordinariamente stupide. Opterei per il ceffone… ma chi può dirlo? 🙂 Se poi la poverina, a quanto ci consta, ha incontrato e amato un autentico s***** non sarebbe da biasimare. Almeno per questa volta… 🙂

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      1. Un ripiego per me è sempre una scelta sbagliata. Piuttosto mi tengo la delusione, la metabolizzo, ci lavoro su e la trasformo in una tappa di crescita, in una lezione. Un legame, un’attrazione, il desiderio di approfondire una conoscenza casuale non dovrebbero mai nascere da una rivalsa o dal desiderio di fare un dispetto… è avvilente. Oggi molti fanno così, forse è giusto così… e io sono un’aliena 🙂 .

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        1. Non ho detto che sia giusto, dico solo che non possiamo prevedere quali reazioni nascano da situazioni di disagio. Certo le tue scelte sono quelle più idonee alla ricostruzione dell’io prima e del sé dopo, ma credi che tutti/e abbiano la stessa forza? I fenomeni di auto distruzione sono più frequenti di quanto immaginiamo.

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