Amanda

Avevi gli occhi come il mare e i capelli come il grano maturo. Bella. Sì, eri molto bella, Amanda. Per una curiosa coincidenza, il tuo nome significava “degna di essere amata”. E degna d’amore, lo eri.

Eri una ragazza irlandese e volevi essere semplice, quasi sempre scalza e con quei colorati straccetti che il tuo corpo sinuoso innalzava al rango di abiti. Elargivi sorrisi splendenti a tutti e non ti curavi se ti prendevano per matta, specie quando danzavi tirando su il vestitino, nelle fontane di Roma o per le calli di Venezia, divertita degli sguardi concupiscenti degli uomini o di quelli scandalizzati delle vecchie dame. E ridevi di ogni più piccolo episodio, di ogni incontro con gente un po’ strana e dell’affascinante confusione italiana. Mantenevi la paglietta con due dita, per proteggere dal sole il tuo viso diafano mentre attendevamo nelle lunghe code dei luoghi d’arte, sbuffando e lamentandoti del caldo, e della nostra proverbiale lentezza. Ma poi ti sbalordivi o ti commuovevi al cospetto della magnificenza di opere consegnate al tempo dai nostri grandi artisti – come solo tu sapevi fare -, sgranando gli occhioni celesti o disegnando una “o” perfetta con le labbra color fragola.
Io ti adoravo e sempre più m’inebriavo di te, della tua avvolgente presenza, del tuo protettivo affetto, e della tua testolina matta. E andavo pazzo per il tuo Italiano dal buffo accento irlandese, quando parlavi per ore, raccontandomi del  tuo popolo, povero e folle – un po’ come te -, da sempre impegnato in lunghi viaggi alla conquista del mondo.
Ti amai. Ti volli. Mi amasti. Mi volesti. Fummo uno dell’altra. Io, in estasi, battevo il tempo della frenetica danza di violino e tamburi che il tuo amore aveva composto per me e gioivo delle tue gioie, sorridevo nei tuoi sorrisi, mi scioglievo sulla tua pelle. Infine i nostri corpi avvinghiati davano ragione a tutte le follie che erano state raccontate, cantate, rappresentate, sull’amore vero, quello più forte di ogni ostacolo e più potente di ogni pregiudizio.
A volte mi guardavi seria e mi chiedevi: “Tu sei meraviglioso, amore mio. E la vita è meravigliosa. Perché dunque tanta sofferenza nel mondo?”
Ma un giorno mi annunciasti che saresti tornata in Irlanda. Non volesti spiegarmi perché e io non capii. E poi, poco per  volta, ti allontanasti inspiegabilmente, lasciando che nel maledetto telefono echeggiasse una voce – la tua voce -, ogni volta più stanca, affranta, triste.
E mi ripetevi: “Per te io ci sarò sempre, non dimenticarlo”. E così pensavi di consolarmi. Ma io non capivo.
Ci misi un anno prima di decidere di venire a trovarti. Sarei venuto finalmente a dirti che non potevo vivere senza di te.
E finalmente ti ritrovai.
Eri in un prato verdissimo e profumato, tosato in maniera perfetta, da cui sorgevano steli bianche, accuratamente allineate. Su una c’era scritto il tuo nome ed un signore, con il capo chino e le braccia strette, vi sostava innanzi.
“She loved Italy. And she loved you, indeed.” – disse l’uomo abbracciandomi immediatamente. Quell’abbraccio mi rivelò che lo conoscevo da sempre. Era tuo padre. Aveva i tuoi stessi occhi. Ma non splendevano come i tuoi, tanto erano aridi di lacrime, già copiosamente versate sui fiori che ogni giorno amorevolmente deponeva.
Avevi solo trent’anni, Amanda, ed eri bella. Oh, se eri bella. E io ti amavo. Oh, se ti amavo.
Imprecai e invocai tutti gli dei conosciuti e sconosciuti e, urlando, chiesi loro perché. Non ebbi mai risposta. Così provai a ripetere mille volte quella domanda, la tua stessa domanda: “Tu eri meravigliosa, amore mio! E la vita era meravigliosa. Perché dunque tanta sofferenza?”
Non ebbi mai risposta, Amanda.
Tu avevi solo trent’anni, e gli occhi del  mare e i capelli del grano maturo.
E ci saresti sempre stata, per me.
Solo ora riesco a capirlo.

37 risposte a "Amanda"

  1. Mi sono perso tra le righe del tuo racconto e… E improvvisamente mi ci sono ritrovato dentro completamente. Al punto finale, quando la realtà s’è nuovamente paventata, avevo le gote umide. Ha il raro dono di creare scenari con poche, precise parole. Ed è un grande dono. Complimenti. Davvero. Chapeau.

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    1. Grazie Francesco per la visita e l’apprezzamento.
      Nel caso specifico si tratta di realtà appena romanzata. Quindi è stato più facile esprimere certe sensazioni.
      Ti ringrazio ancora. Buona serata, Pier☼

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    1. Buongiorno! Hai probabilmente ragione. Tuttavia non è infrequente che di fronte a una grave malattia, ci si chiuda per evitare che l’altro/a soffra a sua volta. Come biasimare Amanda? Tieni anche conto che 30 anni fa gli strumenti a disposizione della medicina erano di gran lunga inferiori agli attuali. Un abbraccio. 🙂

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  2. Complimenti carissimo Piero. Leggendo i commenti a questo tuo racconto colgo un generalizzato sentimento di dispiacere e tristezza per l’epilogo. Giusto. Offro un’altra prospettiva. Ad oggi sappiamo che quando si nasce, abbiamo una sola certezza:dobbiamo morire. Quindi, bene è che nel tragitto da un punto all’altro capita di vivere un amore così bello, così vero che dà senso all’esistenza. Immaginarne una senza……sai che dramma. …..

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    1. Grazie caro Nicola della visita e del bel commento. È una chiave di lettura molto condivisibile e altrettanto corretta. Che quel frangente di felicità sia durato tanto o poco, è meno importante del fatto che ci sia stato. Resta però il rammarico e la profonda ingiustizia che una vita sia stata spezzata ad un’età così immatura rispetto alla “normale” concezione dell’epoca della fine. Un abbraccio e buon ferragosto. Piero

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        1. Come ho già detto in altri commenti, la storia è vera ma non necessariamente il lui sono io. Sono d’accordo con te è un’esperienza terribile. Buon Ferragosto. Piero

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  3. Spero sia solo un racconto, Piero, non una vicenda vissuta di persona. Una triste storia, questa che hai raccontato con sensibilità rara, usando parole così coinvolgenti da far immedesimare chi legge. Mi sono sempre chiesta come si possa sopravvivere alla scomparsa prematura della persona amata…
    Non è come quando ci si separa per incomprensioni varie, magari dopo anni di vita vissuta insieme, quindi un rapporto in qualche modo già “consumato”. Quell’amore in casi simili resta sospeso, congelato, non vissuto completamente, lasciandoci disperatamente pieni di domande a cui non troveremo mai risposta.
    Un amore arrestato bruscamente dal fato rimane, non scompare, resta fermo alle sensazioni magiche dei momenti più belli, quando tutto di lei (o di lui) appare “perfetto”.
    Resiste immutato nel tempo, forse anche idealizzato, ci segna a fuoco… anche se poi ci rifacciamo una vita, incontriamo altre persone e proviamo nuove emozioni.

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    1. Ciao Cara!
      Mi piacerebbe rispondere che è solo un racconto e vorrei che lo fosse. A dirti il vero, a distanza di tanto tempo, ne assume tutti i tratti, mentre i ricordi sfocano sempre di più. Così quei meravigliosi scenari, Roma, Firenze, Venezia e Verona, scompaiono a poco a poco e lasciano il primo piano di due volti sorridenti, giovani e felici: Amanda e il suo ragazzo. Era un 14 agosto di molti anni fa quando lui scoprì che Amanda lo aveva lasciato per non farlo soffrire, perché lui si rifacesse una vita e lui non la vedesse consumarsi nel male che la uccise. A volte lui vorrebbe tornare bambino e provare a ricominciare tutto. Sapendo ciò che lo aspetta, provare a ipotizzare se valga la pena affrontare quelle sofferenze insopportabili che la vita gli ha riservato. E se talune scelte, modificate, non avessero potuto portarlo in altre città e fargli amare altre persone.
      Il vuoto che lascia un amore giovanile, intenso, forte, fatto di cose senza senso che avevano il senso giusto per due persone giuste che bastavano a se stesse e al loro amore, è incolmabile. Ed hai ragione tu. Tutto sembra improvvisamente rimanere in sospeso, come un’opera d’arte incompiuta, mai portata a termine… ma non per volontà degli amanti ma per un assurdo capriccio degli dei.
      Ti ringrazio dal profondo del cuore per l’altrettanto sensibile commento. Da te non potevo aspettarmi altro. Ti devo un inchino e un baciamano.
      Piero

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  4. Ho letto qualche altra cosa che hai scritto e sembra che tu conosca abbastanza bene l’interorita’ e la spiritualita’ della donna. Non e’ cosa facile per un uomo ne’ tantomeno descrivere con grande sensibilita’ tutte le sfumature dei nostri umori, pensieri, sensazione. Ci vuole una grande empatia per riuscire a cogliere tutto questo, sicuramente la possiedi insieme alla capacita’ di descrivere senza giudicare il personaggio.
    Un caro saluto

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    1. Grazie Giuliana, direi che più che essere capito, ho sempre cercato di capire. E di ascoltare. Che la sensibilità cui fai riferimento mi abbia poi esposto a sofferenze, è un dettaglio, poiché ne è sempre valsa la pena. Grazie delle tue visite e delle tue attente letture. Un abbraccio. Piero

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