Al varco

Giovanni, buono come il pane o come lo zucchero filato. Giovanni che leggeva storie di cavalieri e romanzi di cappa e spada. Giovanni che pur di fare del bene era disposto a tutto. Giovanni che non sapeva cosa fosse l’amore per una donna. Giovanni che viveva con i genitori, pur avendo superato i quaranta. Giovanni biasimato dai suoi per come elargiva energie e risorse, quasi fossero illimitate e patrimonio dell’umanità.

“Non sei Rockfeller!”, usavano ripetergli, ma solo quando le discussioni sull’argomento erano serene.
Un pomeriggio che rientrava dal lavoro, sbucando dal sottopasso della metropolitana, Giovanni vide una coppietta, prostrata per terra, fuori dalla stazione centrale. Lei minuta, apparentemente fragile, molto carina. Lui scavato in viso, con l’espressione sofferente. Avevano tutta l’aria di essere scappati di casa e di ritrovarsi, smarriti, nella grande città che continuava a girargli intorno come una trottola. Di tanto in tanto davanti a loro cascava una moneta che il ragazzo prontamente raccattava e, sconsolato, appena si rendeva conto che si trattava dei soliti pochi centesimi, riponeva.
Giovanni sentì stringersi il cuore per come se ne stavano, uno addosso all’altra, tentando di riscaldarsi a vicenda. Vederli così e sentire l’impulso di aiutarli fu una cosa sola.
Parlò con loro giusto il tempo per offrire ospitalità, almeno per quella notte che si preannunciava molto fredda. Una volta a casa, nonostante il soffocato disagio dei genitori, manifestato in monosillabi, labbra serrate e occhiate di disapprovazione, si prese cura di loro. Scese anche nel negozio cinese all’angolo, dove comprò indumenti di poco valore, ma almeno più decenti. Finalmente al caldo, rimessi a nuovo, i due cenarono con Giovanni mentre gli anziani genitori si ritirarono in camera da letto anzitempo.
Giovanni non diede importanza a quello che appariva un capriccio. Li conosceva, i suoi: avevano sempre da ridire ma alla fine lo lasciavano fare. Così ai due ragazzi fu assegnato l’ampio divano in salotto e Giovanni, felice come una pasqua per aver appreso che erano fratello e sorella, andò a dormire. Quella ragazza lo aveva incantato. I suoi occhi nocciola, grandi e profondi lo avevano stregato. Sognò di una bellissima storia d’amore con lei, tramutandosi in un cavaliere devoto che offriva i suoi servigi e il suo grande amore, alla leggiadra dama.
L’indomani mattina Giovanni, invece, fu svegliato dalle imprecazioni di suo padre e dai singhiozzi di sua madre. I ragazzi se n’erano andati, a quanto pareva, portando via tutto ciò che avesse valore e, soprattutto, i risparmi da sempre nascosti in un barattolo nella credenza.
Alcune ore dopo, Giovanni stava ultimando le formalità presso la questura, quando un funzionario lo invitò a seguirlo in un’altra stanza, dove trovò altre due persone ad aspettarlo : un giudice e un cancelliere. Entrambi lo squadrarono, abbassando subito dopo gli occhi, manifestando così la loro commiserazione.
“Simulazione di reato e intralcio alla giustizia.” – gli comunicò severamente il giudice.
“Cioè?” – Esclamò sorpreso Giovanni.
“Non v’è dubbio che lei abbia ospitato i due ragazzi. Ma lei ne dà una descrizione diversa da quella resa dai suoi genitori. Per lei la ragazza era biondina, per i suoi, bruna. Il giovanotto per lei era grassottello e di media statura, per loro, alto e smilzo. Dica la verità… ha approfittato della loro presenza per appropriarsi dei beni trafugati! Ciò spiegherebbe la descrizione volutamente errata. In altre parole, vorrebbe renderci difficile rintracciare i due perché svelerebbero il suo maldestro depistaggio!”
“Sta scherzando, vero?”
“Qui non scherziamo, mai. D’altro canto ci risulta che lei sia privo del minimo senso di responsabilità nel gestire le sue risorse. Ci dica la verità! Così noi facciamo prima e lei possa sperare in un atteggiamento meno severo.”
“Ma no! Ho dato una descrizione sbagliata, è vero, ma perché mi facevano pena… perché… perché ho pensato che quanto hanno rubato, in fondo, gli sarebbe servito per cominciare una nuova vita!”
“Adesso è lei a scherzare! Senta, lei è già fortunato che per questi reati non sia previsto l’arresto. Ma stiamo formalizzando la denuncia a suo carico. Riceverà comunicazioni e dovrà tenersi a disposizione. Per ora può andare.”
Ci vollero cinque anni, prima che Giovanni ottenesse un proscioglimento. Nel frattempo, andò tutto a rotoli. Sconvolto dall’accaduto, diventò schivo e diffidente, prendendo a svolgere il proprio lavoro in maniera distratta, fino a commettere un errore che gli costò il licenziamento. I genitori morirono entrambi nel giro di tre anni dai fatti. Uno di cancro, l’altra di crepacuore. In quei lunghissimi anni, infatti, la maldicenza di vicini e familiari, radicò la convinzione che l’autore del furto fosse lui. Rimasto privo di mezzi di sostentamento, subì lo sfratto per morosità, finì sul lastrico e diventò un senza tetto.
Da allora Giovanni lo trovi accucciato, come un cane bastonato, nello stesso posto dove incontrò i ragazzi. Qualcuno gli lancia una monetina, i soliti pochi centesimi. I vigili vengono spesso a scacciarlo ma sono piuttosto comprensivi, facendo finta di non accorgersi che dopo pochi minuti lui ritorni. Alle quattro del mattino va ad accamparsi davanti al portone della mensa dei poveri, per non correre il rischio di perdere l’unico pasto caldo che riuscirà ad avere.
Giovanni non cerca vendette. Invece se ne sta lì a rileggere lo stesso romanzo, l’unico che gli sia rimasto, e a sognare di rivedere i due ragazzi. Ci sono giorni in cui ha la sensazione che li rivedrà. Allora, emozionato, ripassa il discorso che farà a quella dolce ragazza, per raccontarle la passione che in in poche ore lo travolse.
Giovanni rimarrà per sempre lì, ad aspettarla.
Al varco che l’amore aprì nella sua anima.

14 risposte a "Al varco"

  1. Piero, Lucia ha ragione: scrivi da Dio. E io aggiungo: con il cuore. Quello fatto di carne, quello umano. E che cuore, gente! Lo si sente palpitare tra le righe.
    È un racconto dal sapore amaro che lascia il lettore interdetto a fissare lo schermo e chiedersi “perché?” – a me è capitato così. Vedi, è di fronte a questi eventi che provo un vergognoso senso di impotenza verso la vita e l’essere umano in generale. Uno sconforto profondo… Lo so che non si dovrebbe dire, che ci si dovrebbe opporre strenuamente alle ingiustizie, ai pregiudizi, alle supposte verità che condannano e a volte uccidono, ma spesso la vita, il destino o il volere divino cui molti credono, svelano l’altra parte di sé, quella più oscura, più violenta, più sadica. All’improvviso ci si ritrova incatenati. Schiavi. Prigionieri privi di speranza, inghiottiti in una spirale negativa che lentamente consuma. Annienta. Cancella. All’improvviso, Piero, ci si aggrappa alla sola difesa disponibile in quel momento: l’illusione di vivere. Ed è la fine.

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    1. Francesco, buongiorno. Lucia e tu siete troppo generosi!
      Quello che è veramente degno di ammirazione è il tuo commento, per aver colto l’essenza della vicenda.
      Purtroppo io stesso sono rimasto vittima di pregiudizi e di morali preconfezionate che mi hanno in qualche modo sconvolto l’esistenza.
      E sono arrivato esattamente al punto che tu hai splendidamente descritto. Annientato, schiavo e privo di forza reattiva. Eppure sono sempre stato determinato e grintoso nella vita!
      Ebbene, arriva sempre il momento in cui la delusione per i comportamenti umani, soprattutto quando conseguenti a una condotta pressoché esemplare, è talmente forte che non sai più a cosa aggrapparti per trovare una nuova chiave di lettura nella tua esistenza.
      Da lì a precipitare nel baratro della solitudine e a dare alla vita stessa un taglio illusorio è molto facile. Finendo quasi per vegetare.
      Il recupero di se stessi, dell’amor proprio, dell’autostima, diventa così un processo difficile e faticoso.
      Solo la calma, la perseveranza e la costanza aiutano.
      Nel frattempo gli altri, quelli che fino a ieri dicevano di adorarti, se la sono già svignata.
      Grazie ancora Francesco per la visita e l’apprezzamento, a cui do molto valore.
      Buona giornata. 🙂 Piero

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  2. Della serie: quando la vita si accanisce verso le persone che non meritano…anche se l’ingenuità di Giovanni è davvero inusuale di questi tempi e rende il tuo racconto simile ad una fiaba dalla morale triste.
    Un abbraccio e un sorriso

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    1. Buongiorno Laura, grazie della vista e del commento. Circa l’ingenuità, conosco una persona che ha dato ospitalità e conforto a un giovane a modo, il quale non ha esitato a svaligiargli la casa.
      Purtroppo non sempre la bontà è ripagata con la stessa moneta.
      Ricambio l’abbraccio.
      Pier☼

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    1. Grazie Maria per la vista e il bellissimo commento.
      L’abbraccio lo sento molto forte, proprio perché viene da te e da Atene… Un abbraccio ricambiato dalla Puglia ad Atene. Ciao, Pier☼

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    1. Cara Lucia, purtroppo triste, è vero. Ma quante persone precipitano nel baratro per l’illusione di un momento? O per sentimenti più forti?
      E poi sì, i troppo buoni soccombono e sono una razza in via d’estinzione.
      Grazie sempre per la visita e il commento.
      Un abbraccio! Pier☼

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