Camelot: la vera storia – Terza parte ed epilogo

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Ginevra fu subito molto affabile ma, al tempo stesso, mostrò un piglio da leader, disponendo immediatamente alcune modifiche per “ottimizzare le risorse”. Disse proprio così, agli sbigottiti astanti, aggiungendo che era ora che Camelot aspirasse a diventare culla della cultura e delle arti.

Un po’ più tardi, mentre l’ormai assatanato Artù, nel tentativo di carpire indiscrezioni sulle sue grazie muliebri, provava a intercettare le ancelle assegnate al servizio di Ginevra, in tutt’altra parte del castello, Lancillotto pregava. Ai piedi di una croce, nella spartana cella che preferiva alle sontuose stanze, chiedeva al Signore che lo preservasse dalle tentazioni e che mantenesse immacolato il proprio onore.
Contemporaneamente, Morgana si levava dal letto dove s’era data – rispettando i patti – a Merlino, imbronciata per aver sprecato l’intimo sexy indossato per l’occasione. Tuttavia, nonostante il tutto si fosse consumato in meno di un ventesimo di clessidra (poco meno di tre minuti – ndr), mentiva, complimentandosi con lui di un’ineguagliabile prestazione. Ma, al tempo stesso, lo sottraeva al compiacimento di sé, ingiungendogli di andare subito a preparare le pozioni.
Giunta l’ora, Lady Ginevra, nel suo splendido abito di broccato italiano, discese lo scalone che conduceva all’enorme sala dei banchetti, accolta con un applauso che sembrò non aver fine. Tra gli “hurrà!” che risuonarono nelle volte altissime, si udì anche un “quant’ sì bbona!” cui nessuno diede importanza, attribuendo la boutade al solito ospite italiano che non perdeva occasione per farsi riconoscere.
Vino che scorreva a fiumi, canti e schiamazzi, musica ossessiva, danzatrici seminude che s’agitavano in lascive coreografie, qualche tetta che faceva capolino dalle generose scollature, continui brindisi alla futura Regina, fecero da festosa cornice al terzetto seduto a capo tavola: Artù alla destra e Lancillotto alla sinistra di una raggiante Ginevra.
Quando le libagioni stavano volgendo al termine, torreggiando, Merlino annunciò che era ora di procedere al brindisi finale con il vino più rosso e più forte delle cantine di Camelot.
Tre paggetti, distinguibili per il colore delle braghe, rispettivamente azzurro, giallo e lilla, si fecero avanti brandendo le brocche riservate ai tre. Mentre si avvicinavano al terzetto, Re Uriens, il solito casinista, ne strappò una dalle mani di un paggetto, urlando a squarciagola: “Voglio essere io a mescere il vino per Lady Ginevra!”, subito imitato dagli altri cavalieri che ovviamente si presero cura delle coppe di Artù e di Lancillotto.
La ressa che immediatamente seguì, impedì a Merlino e Morgana di verificare che il vino del paggetto dalle braghe azzurre, adulterato con la pozione “A”, andasse ad Artù e, di conseguenza, quello servito da braghe gialle – pozione “G”-, a Ginevra e di braghe lilla – pozione “L” – a Lancillotto.
Era quasi l’alba quando la festa terminò e mentre l’avvinazzata moltitudine di dame e cavalieri, sceglieva di adagiarsi sulla paglia sparsa sul pavimento, Artù, Ginevra e Lancillotto si ritirarono.
Subito dopo, Merlino e Morgana presero a formulare le ipotesi più strane di chi avesse trangugiato i vari vini e relative pozioni.  Non venendone a capo, decisero che avrebbero dovuto aspettare.
Non s’era consumata una clessidra intera, che la risposta giunse. Grida di donna, acute e lancinanti, scossero dal sonno gli invitati, i quali si fiondarono in direzione degli atroci lamenti. In breve, una folla si radunò dietro la porta della cella di Lancillotto.
Dove si presentò una scena sorprendente: il primo cavaliere, in mutandoni di lana, brandiva uno scudo per difendersi dall’assalto di Artù mentre Ginevra, sull’uscio, si teneva le mani nei capelli.
Percepito un crescente mormorio alle sue spalle, Ginevra ebbe la prontezza di entrare nella stanza, sprangandone la porta. Ma la sua assenza durò poco, perché apparve, stravolta, per convocare Merlino. Il quale si fece largo ed entrò, per affacciarsi un attimo dopo, a sua volta, per chiamare Morgana.
Di nuovo la porta fu sprangata.
Il sole era già alto quando si cominciò a udire una conversazione concitata a più voci, di cui in realtà non fu colto nulla e che andò avanti fino a mezzogiorno circa, quando i cinque, perfettamente ricomposti, riemersero.
“Re Artù ha difeso l’onore di Lady Ginevra!” – dichiarò Merlino, scrutando minacciosamente la folla, la cui inevitabile incredulità attese, prima di concludere: “Sir Lancillotto, ammettendo la colpa, ha chiesto perdono, infine ottenendolo. Io e Morgana, ne siamo testimoni! Le nozze tra Re Artù e Lady Ginevra si celebreranno, dieci giorni da oggi!”
L’incertezza durò giusto lo spazio di qualche istante, perché Re Uriens, sempre il solito, cominciò a battere forsennatamente le mani, imitato immediatamente da tutti gli altri.

EPILOGO

Sir Lancillotto, Fata Morgana e Mago Merlino non parteciparono alla cerimonia.
Lancillotto tornò e rimase a meditare sul lago. Di lui si raccontano ancora le eroiche gesta, a dispetto di quella disonorevole vicenda, di cui generosamente si attribuì la responsabilità.
Merlino e Morgana, confessarono e chiesero clemenza, ottenendola a patto di accettare l’allontanamento dal regno.
A Merlino fu affidata la reggenza di un vasto territorio in terra di Francia con il titolo di Le Roi Merlin, ed ebbe a distinguersi nelle abilità manuali, che un giorno sarebbero diventate “fai-da-te”.
Morgana, fu spedita oltre oceano e si maritò con un certo Stanley. Sembra che i suoi discendenti, fondatori di una mastodontica banca d’affari, tentarono di gettare l’umanità intera nella più grave crisi economica che si ricordi, riuscendoci solo parzialmente.
Ma che cosa era realmente successo quella notte?
Nelle intenzioni di Morgana e Merlino, per effetto delle pozioni, in Artù si sarebbe spenta ogni bramosia d’amore verso Ginevra che, viceversa, sarebbe stata in preda a un irrefrenabile bisogno di congiungersi carnalmente con Lancillotto, i cui comportamenti cavallereschi, potevano essere superati solo con una pozione ad hoc.
Per l’intervento di Re Uriens e degli altri, le pozioni andarono alle persone sbagliate, tanto che Artù sentì il desiderio di correre tra le braccia di Lancillotto mentre a Ginevra accadeva la stessa cosa, avendo perso ogni controllo di sé. Lancillotto diventava invece insensibile al fascino della futura Regina.
Ginevra dunque sorprese Artù che intendeva concupire Lancillotto, il quale ovviamente si rifiutava.
“Non è come pensi!” – questo le dissero in coro Artù e Lancillotto, quando lei apparve. Ma subito dopo entrambi si mostrarono meravigliati di vederla e le chiesero: “Ma tu che ci fai qui?”
Nel conciliabolo che avvenne a porte chiuse, fu probabilmente stabilito che le apparenze e il trono di Camelot andavano salvati, sgombrando da ogni dubbio l’onorabilità di Sua Maestà mentre quella di Ginevra fu ritenuta meno importante.
Pare che in punto di morte, ad una suora che l’assisteva, ebbe a confessare: “Dietro ogni grande uomo c’è una grande donna. Noi donne sappiamo sempre sistemare tutto. Anche accollandoci colpe che non abbiamo.”

54 risposte a "Camelot: la vera storia – Terza parte ed epilogo"

    1. Purtroppo con i compromessi sono state gestite molte vicende storiche. Anche se questa è una leggenda, non si è sottratta a quella logica.
      Non c’è nulla da ringraziare Carissima Giusy… È sempre un grande piacere.
      Ti abbraccio forte! 🙂 Piero 🙂

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  1. ahah! pensavo che davvero alla fine i due ommini si sposassero! ahah!
    ma leroy merlin per merlino è fenomenale pierì!
    la frase finale è il tuo solito omaggio all’universo femminile, un po ironichetto stavolta!

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          1. beh si eva kant è amica mia! cetto cetto!
            ma che domande difficilo oh! aspè…ffffuuuuu!
            a occhio e croce un grande cuore… nuvole disperse, stelle luccicanti, mondi all’ingiù, nasi all’insù, incontro di corpi, scontro di menti….
            vabbuò?

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  2. “Vino che scorreva a fiumi, canti e schiamazzi, musica ossessiva, danzatrici seminude che s’agitavano in lascive coreografie, qualche tetta che faceva capolino dalle generose scollature, ”
    Questo oscilla tra un trionfante Boccaccio e gli intrattenimenti recenti delle olgettine, Ruby Rubacuori e di S.B.
    Gesù, chissà chi ti ha ispirato meglio 😀

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    1. Cara Marzia, vengono così… un po’ è fantasia, un po’ l’istinto da istrione, un po’ il cabaret che noi meridionali sappiamo utilizzare per farci andar meglio la vita…
      Mister “soffietto”, dici? Ma quello è il gaudente edonista per antonomasia…

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    1. Un tizio che mi saltò in una lunga coda all’autogrill, alle mie rimostranze rispose: “eh, ma lei ha gli occhi del buono!”
      Dev’essere proprio così. 🙂
      Ringrazio per il bel commento e ricambio i saluti e l’augurio per una magica serata.
      Piero 🙂

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  3. Altro che trono di spade…. Poi le destinazioni di Merlino e Morgana sono il colpo da maestro… 😉 gran bel racconto che ho letto con il sorriso sulle labbra… attendo per organizzare una composizione congiunta… 😉

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    1. 😀 😀 😀
      I problemi sono stati due: l’effetto delle pozioni e la lunghezza del testo… poteva essere una storia molto più articolata (e ne esiste una versione) ma ci sarebbero volute almeno un altro paio di puntate… ahahah

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